Le basi dell’educazione canina

maggio 15, 2017

Educare correttamente il proprio cane è in apparenza semplice mentre nella realtà le cose si complicano parecchio. Il buon educatore è un soggetto in primis coerente; pertanto dovrà mettere in atto costantemente i dettami che riconoscono come base educativa il premiare sempre un buon comportamento e l’ignorare sempre un comportamento sgradito. Facile no? La realtà è diversa perché nella relazione con il cane entrano in gioco i nostri bisogni soggettivi, che troppo spesso non coincidono con quelli del cane e con i presupposti di una relazione sana ed equilibrata, la scarsa conoscenza dei modelli comunicativi del cane e il mancato rispetto delle dinamiche di branco.

Quali sono i comportamenti del cane “oggettivamente” graditi che dobbiamo premiare e quali i comportamenti sgraditi che dobbiamo sistematicamente ignorare? Sono graditi la calma, il rispondere positivamente a una nostra richiesta, il guardarci prima di intraprendere un’azione; sono sgraditi l’eccitazione esagerata senza motivo, l’eccessiva indipendenza, le continue richieste di coccole o di gioco, saltare addosso alle persone, salire sul letto o sul divano senza permesso, chiedere cibo da tavola, abbaiare in modo esagerato.

Quando un cucciolo arriva nella famiglia adottiva possiede già un cospicuo bagaglio di conoscenze trasmessegli dal corredo genetico e dal rapporto con le prime figure di attaccamento; tuttavia ha la necessità di adattarsi al nuovo branco, il quale ha l’obbligo di promuovere il processo di adeguamento con regole educative chiare ma soprattutto prive di contraddizioni. Saper premiare o ignorare in modo etologicamente corretto non è semplice perché bisogna imparare a pensare da cane; per il cane una nostra attenzione – che sia una carezza, un “bravo!” pronunciato con amore, uno sguardo dolce, un bocconcino prelibato, un grattino sulla pancia – è una gratificante ricompensa; analogamente, ma con significato opposto, ignorare un suo comportamento non gradito, volgendo lo sguardo da un’altra parte, dandogli la schiena o allontanandoci da lui, acquista il significato di una punizione.

Da un punto di vista psicologico-comportamentale, ogni volta che premiamo il cane per un suo comportamento gradito, con il bocconcino, la carezza, il “bravo!”, mettiamo in atto un rinforzo positivo con lo scopo di ottenere una ripetizione di quel comportamento; all’opposto, quando lo ignoriamo per un comportamento non gradito operiamo una punizione negativa, che ha la finalità di far smettere tale comportamento. I termini “positivo” e “negativo” vanno interpretati nel senso di “aggiungere” o “togliere”: aggiungo qualcosa di piacevole (carezza, bocconcino, “bravo!”) per rinforzare un comportamento gradito, tolgo qualcosa di piacevole (la mia attenzione verso il cane) per inibire un comportamento sgradito.

Nell’educazione del cane, oltre al rinforzo positivo e alla punizione negativa, si considerano altre due condizioni: il rinforzo negativo e la punizione positiva. Con il rinforzo negativo si elimina uno stimolo negativo indotto, ad esempio il senso di soffocamento provocato dal collare a strangolo quando il cane tende a tirare troppo, nel momento in cui smette di tirare e si siede; un classico esempio di punizione positiva è invece quello del cane che ringhia quando ci avviciniamo alla sua ciotola e che viene punito con un ceffone sul muso: si tratta di una punizione tesa a far cessare un comportamento sbagliato, con l’aggiunta di un’azione sgradevole rappresentata dal ceffone. Va da sé che un ambito educativo corretto deve assolutamente privilegiare gli scenari del rinforzo positivo e della punizione negativa perché quasi tutte le situazioni possono essere risolte in modo non coercitivo, sfruttando la propensione collaborativa del cane e il suo attaccamento al compagno umano.

Arrivederci al prossimo appuntamento, dove approfondiremo il discorso dei premi e delle punizioni!

 

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